Giravo
intorno a una domanda fondamentale. Primi aborti di un discorso
lineare mosso dallo spirito di emulazione. Il narcisismo della
scrittura coi suoi paradossi. Si provi a immaginare uno con tanto
tempo a disposizione reduce dai danni provocati dagli attuali
programmi della scuola italiana. Sempre troppa mitologia e
romanticismo comunque. Da una parte la necessità di illuminare, di
gettare luce: la pagina bianca (venendo a intendere in seguito con
“pagina bianca” qualsiasi supporto adatto/adattato alla
registrazione delle tracce) come superficie del satellite pronta per
la riflessione di questo sole pieno di ombre, pronto a eclissarsi,
che è l'autore (se la vista del sole è esperienza accecante, come
potrebbe il sole guardarsi allo specchio e pretendere di essere il
detentore di una verità?). Campo(santo) delle possibilità (da
costituire o già costituite? —
qui si può certamente vedere lo straordinario potenziale genetico
della poesia, alla luce soprattutto degli ultimi geniali e sempre
nuovi
metodi di scrittura; ma nello stesso tempo non può non
sopraggiungere la sensazione fortemente stringente di trovarsi al
cospetto della domanda decisiva con la risposta che si gioca entro
un tot di possibilità prestabilite).
Oggigiorno, più che in passato, si richiede addirittura di saper
allargare il discorso.
Fanno
resistenza le tracce scritte: gole di grafemi, solchi di non
riflessione, difesa e trappola del poeta contro i pericoli della
chiarezza. Narciso inebetito dall'acqua nera della scrittura, luogo
sottile e compresso in cui lo scrittore si tiene a distanza anche da
se stesso (pausa, disastro taciuto della fase di
contemplazione/fascinazione —
i riferimenti sono i soliti: essere umano in qualità di zoon
logon ecn,
pratiche masturbatorie, stato di terrore assoluto, il poeta che
guarda la luna, significazione più o meno intenzionale, avventure
della tensione comunicativa, gradi di riconoscimento o trasformismo,
linguaggio obliquo evocato da Blanchot, eccetera).
Ogni
problema può essere enfatizzato, complicato, per mezzo di un
generale annebbiamento delle intenzioni e rovesciamento delle
priorità. [Secoli di peripezie sulla questione del linguaggio: oggi
tutto è assolutamente tranquillo, sviscerato, banale, rapido,
acquisito, economico, (im-)piegabile a piacimento: i giochi di
parole, la metafora, gli sconfinamenti tra registri linguistici, le
contrazioni della lingua, neologismi, contaminazioni,
dialettizzazioni e stranierismi avvengono pacificamente, con minimo
dispendio di risorse, in modo cristallino, senza fatica nella
comunicazione quotidiana, indipendentemente dal livello di istruzione
dei parlanti. Ed ecco che i poeti hanno ricominciato ad assecondare e
potenziare schemi e procedure di: archiscrittura, nuovo
figurativismo, creazione di chimere, autodistruzione dell'autore,
scritture masochiste, inganno dell'inconscio collettivo,
mimetizzazione nella selva, ripiegamento tra le pieghe della rete,
danze della pioggia proposte dai meteorologi]
La
pagina bianca (qualcuno ha recentemente detto: il bianco aggressivo)
è là dove finisce la poesia. In un certo senso è anche il fine. —
Ma il bianco è (appunto) anche il luogo dove tutta la luce viene
riflessa, il respingimento del mio sguardo, che è costretto a
retrocedere andando alla ricerca delle continuità da ricostruire. Il
bianco inattingibile suscita in me l'amore per la scrittura, quasi un
desiderio erotico improcrastinabile (a prescindere dal “tono”,
dalla “temperatura” della scrittura). Inoltre: “bianco come un
fantasma”, perciò occupabile,
sovrapponibile, trapassabile: fantasma spaziale/spazioso, tutto lo
spessore è assegnato al versante delle parole (volentieri differite
per un lettore) perché lo solidifichino (eppure il supporto è meno
labile del supportato). Impossibile decidersi per il silenzio.
Impossibile(?) non ricominciare da me —
Devo ammettere a me stesso e ai miei lettori storici che io non ho
mai iniziato veramente l'attività di scrittore. Da ciò tutte le
pose "estranee" in cui disponevo (tuttora) il mio
corpo/corpus catatonico. E da ciò anche una delle colpe che ho
sentito via via tra le più grandi: fare di questo non-inizio
sciorinato in lungo e in largo tutto il mio scrivibile possibile.
Continuamente come un principiante, con due problemi: che i
Santi&Sapienti ti suggeriscono che proprio questa attitudine da
principiante è la chiave che tiene aperto per te il mondo; e che la
vita, indifferente a tutto, denunciante quel "come", mi
sbugiarda inevitabilmente in tutto.
Fare
reset? Fare reset...
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