lunedì 24 febbraio 2014

indizi dal museo

Giravo intorno a una domanda fondamentale. Primi aborti di un discorso lineare mosso dallo spirito di emulazione. Il narcisismo della scrittura coi suoi paradossi. Si provi a immaginare uno con tanto tempo a disposizione reduce dai danni provocati dagli attuali programmi della scuola italiana. Sempre troppa mitologia e romanticismo comunque. Da una parte la necessità di illuminare, di gettare luce: la pagina bianca (venendo a intendere in seguito con “pagina bianca” qualsiasi supporto adatto/adattato alla registrazione delle tracce) come superficie del satellite pronta per la riflessione di questo sole pieno di ombre, pronto a eclissarsi, che è l'autore (se la vista del sole è esperienza accecante, come potrebbe il sole guardarsi allo specchio e pretendere di essere il detentore di una verità?). Campo(santo) delle possibilità (da costituire o già costituite? qui si può certamente vedere lo straordinario potenziale genetico della poesia, alla luce soprattutto degli ultimi geniali e sempre nuovi metodi di scrittura; ma nello stesso tempo non può non sopraggiungere la sensazione fortemente stringente di trovarsi al cospetto della domanda decisiva con la risposta che si gioca entro un tot di possibilità prestabilite). Oggigiorno, più che in passato, si richiede addirittura di saper allargare il discorso.
Fanno resistenza le tracce scritte: gole di grafemi, solchi di non riflessione, difesa e trappola del poeta contro i pericoli della chiarezza. Narciso inebetito dall'acqua nera della scrittura, luogo sottile e compresso in cui lo scrittore si tiene a distanza anche da se stesso (pausa, disastro taciuto della fase di contemplazione/fascinazione i riferimenti sono i soliti: essere umano in qualità di zoon logon ecn, pratiche masturbatorie, stato di terrore assoluto, il poeta che guarda la luna, significazione più o meno intenzionale, avventure della tensione comunicativa, gradi di riconoscimento o trasformismo, linguaggio obliquo evocato da Blanchot, eccetera).
Ogni problema può essere enfatizzato, complicato, per mezzo di un generale annebbiamento delle intenzioni e rovesciamento delle priorità. [Secoli di peripezie sulla questione del linguaggio: oggi tutto è assolutamente tranquillo, sviscerato, banale, rapido, acquisito, economico, (im-)piegabile a piacimento: i giochi di parole, la metafora, gli sconfinamenti tra registri linguistici, le contrazioni della lingua, neologismi, contaminazioni, dialettizzazioni e stranierismi avvengono pacificamente, con minimo dispendio di risorse, in modo cristallino, senza fatica nella comunicazione quotidiana, indipendentemente dal livello di istruzione dei parlanti. Ed ecco che i poeti hanno ricominciato ad assecondare e potenziare schemi e procedure di: archiscrittura, nuovo figurativismo, creazione di chimere, autodistruzione dell'autore, scritture masochiste, inganno dell'inconscio collettivo, mimetizzazione nella selva, ripiegamento tra le pieghe della rete, danze della pioggia proposte dai meteorologi]
La pagina bianca (qualcuno ha recentemente detto: il bianco aggressivo) è là dove finisce la poesia. In un certo senso è anche il fine. Ma il bianco è (appunto) anche il luogo dove tutta la luce viene riflessa, il respingimento del mio sguardo, che è costretto a retrocedere andando alla ricerca delle continuità da ricostruire. Il bianco inattingibile suscita in me l'amore per la scrittura, quasi un desiderio erotico improcrastinabile (a prescindere dal “tono”, dalla “temperatura” della scrittura). Inoltre: “bianco come un fantasma”, perciò occupabile, sovrapponibile, trapassabile: fantasma spaziale/spazioso, tutto lo spessore è assegnato al versante delle parole (volentieri differite per un lettore) perché lo solidifichino (eppure il supporto è meno labile del supportato). Impossibile decidersi per il silenzio. Impossibile(?) non ricominciare da me Devo ammettere a me stesso e ai miei lettori storici che io non ho mai iniziato veramente l'attività di scrittore. Da ciò tutte le pose "estranee" in cui disponevo (tuttora) il mio corpo/corpus catatonico. E da ciò anche una delle colpe che ho sentito via via tra le più grandi: fare di questo non-inizio sciorinato in lungo e in largo tutto il mio scrivibile possibile. Continuamente come un principiante, con due problemi: che i Santi&Sapienti ti suggeriscono che proprio questa attitudine da principiante è la chiave che tiene aperto per te il mondo; e che la vita, indifferente a tutto, denunciante quel "come", mi sbugiarda inevitabilmente in tutto.
Fare reset? Fare reset...

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