Essersi
messi in marcia – di nuovo, l'incipit è dovuto – di buona lena,
mattino molto presto, scorciatoie per eludere il dormiveglia, ancora
deserte, da percorrere ripassando due battute, dico due facili
(barra) verosimili. Purché qualcosa ci sia infine, il perfetto
risonare delle voci secolari.
A
lamentarsi con i propri lamenti, da casa fin qui (perché poi [stacco
repentino] in absentia di
novità), se il qui fosse abbastanza capiente e comprensivo dei
nostri slanci – a sufficienza, che è una bella parola. Qui non si
viene. Da che ne ho il ricordo, quasi nacqui avviluppato tra le
pieghe del sipario. Nessun particolare cataclisma – opaco, la
memoria nasce ogni giorno. Non è possibile nascere in un giorno
solo, record altamente improbabile.
Giacché
chiami ventre ciò che invariabilmente potresti dire casa, luogo di
lavoro, fabbrica, cesso, diorama di Dio, reparto maternità, reparto
psichiatrico, mercato – davvero non v'è più niente che possa
meravigliarmi o dispiacermi. Sono un cattivo attore. Lascio alle
poetesse le fenomenologie del corpo, resto tutto concentrato su me
stesso, antepongo le possibilità della parola odore
agli odori, custodisco la collezione. Imparando a rendere normale
tutto (ciò che) è assolutamente normale.
Come se non ci fosse qualcuno che arriva e dice che questo pavimento
non è reale, e in effetti non c'è. Come se potesse credersi di un
altro mondo, o che ci sia dell'erba, o il parquet. La reggia degli
Atridi, per il semplice fatto che stiamo calcando. La penna che in
uno spoglio spiazzo ti sta maltrattando. (un paese capace di
accogliere un solo spiazzo e nessuno che dice niente è una cosa
assurda).
C'è da incontrarsi qui con un attore che dicono non essere tanto
bravo. Incontrarlo o esserlo, la scelta così non può essere
completa.
Tu mi sei vicino e il tuo mistero. Quello che si dice fare una bella
figura. L'ultima delle comparse sicuramente più in gamba. La tua
farsa comincia da molto lontano, quando dormivi era già il canto del
cigno. Oggi non si fanno prove. Da dentro non si capisce quand'è
l'inizio della giornata.
Rifiutare il maestro, rubarne la misera arte – un diritto avuto ed
esercitato. Da sempre volevo strapparti la lacrima dal volto, ma la
mia faccia non so controllarla.
Non sapere chi si era ieri. La questione del tempo e dei tempi non è
stata messa in discussione per valutarne le conseguenze sulla lunga
distanza. Non disponi di un pubblico disposto a darti una mano – la
salute, così, è tutta da attribuire. Perché poi guardarsi intorno,
continuare piuttosto anche inconsapevolmente, violentato oggetto del
desiderio di una penna comprata apposta. (Tutti guardano).
Bella
cicatrice interiore da tatuare, a confondere i piani – c'è tempo.
Il simbolo è da mettere insieme. Bisogna avere fede nella totalità
della pelle, nelle maschere da rivoltare come guanti, non dire
rivoltanti. Mia cara figurina di carta. Ombre in sala che si
moltiplicano, prendono posto tossicchiando soprattutto, scartando
caramelle. Confesso di temere in modo spropositato. Da questa parte
neanche uno sfondo in comune – noi stessi fondali di coordinate e
costellazioni slegate ad uso e piacere altrui.
Congratulazioni ai paraventi delle nudità di colui che si fa schermo
e scherno, alla potenza del dono riflesso, al trovare ogni momento
uno specchio di fronte. Per tutti conserviamo una voce fraterna.
Ogni teatro merita il suo nutrito nugolo di attori. Grato se qualcuno
permette di alzare i toni, gridare, gettato alla ricerca di uno,
questo risibile. Il pubblico dovrebbe vedere il meno possibile
dell'accaduto. Ti sei fermato a guardarmi. Mi tenti con la lacrima,
ma che bella forma di aspersorio. Tutto il giorno sbatte contro una
benedizione, l'impatto mi fa spalancare il sipario dal ridere,
spelonca disertata dai parti dell'immaginazione. Manca l'entrata,
manca la botola nel pavimento: una maschera non sarà mai l'inganno
di un doppio fondo – sappiatelo.
Congratulazioni. Vorrei fissarti per sempre. Sta arrivando gente
convinta che sia ora di iniziare. Un bravo attore sa disperdersi in
mezzo al pubblico. Perdendoci di vista, troverai chi cerchi – non è
detto.
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